COME METTERE A FUOCO UN OBIETTIVO


Nel tutorial sulla focale abbiamo spiegato come i raggi di luce che investono l'obiettivo vengano da questo deviati in modo da concentrarsi nel punto focale della lente, che è posto poco oltre la lente stessa.
Se il sensore (CCD/CMOS) si trova in corrispondenza del punto focale, l'immagine che vedremo sul monitor è perfettamente a fuoco. Se viceversa il punto focale cade prima o dopo il CCD l'immagine che vedremo sarà sfocata.
Verrebbe da dire: basta mettere il CCD giusto sul punto focale e sarà sempre a fuoco.
E' vero, peccato che il punto focale si sposti.


Perchè serve la messa a fuoco ?

Avendo letto il tutorial sulla focale, l'unica cosa che sappiamo con certezza sulla posizione del punto focale e che esso si trova ad una distanza dalla lente pari alla focale della lente stessa, ma solo se i raggi di luce piombano perfettamente paralleli sull'obiettivo. In questa condizione, siamo certi che se vogliamo mettere a fuoco un obiettivo da 4 mm. basta piazzare il CCD a 4 mm. di distanza dalla lente.
Il problema è che gli unici oggetti in grado di riflettere raggi di luce paralleli sono lontanissimi. Il sole ad esempio, invia raggi di luce paralleli. Anche le montagne all'orizzonte, riflettono raggi di luce praticamente paralleli fra loro. Nel gergo fotografico, si indicano questi oggetti lontanissimi come "infinito".
Tutto ciò che si trova più vicino dell'infinito, riflette invece raggi di luce che piombano sulla lente con angoli di incidenza assai vari. Per questa luce, e quindi per questi oggetti, il punto focale non si trova più in corrispondenza della focale caratteristica dell'obiettivo ma altrove.
Se vogliamo esprimere il concetto in altro modo, possiamo dire che i raggi paralleli provenienti da oggetti lontanissimi, si incontrano ad una distanza dall'obiettivo pari alla focale dello stesso, mentre i raggi provenienti da oggetti più vicini, verranno concentrati, al di là della lente, ad una distanza variabile a seconda della loro provenienza.
L'operazione di messa a fuoco dell'obiettivo consiste proprio nello spostare avanti o indietro l'obiettivo fino a portare il CCD in corrispondenza del punto focale che corrisponde al soggetto o all'area che ci interessa.


La profondità di campo

Prima di scoprire come mettere a fuoco un obiettivo, è bene farsi una ragione del fatto che per quanto ci impegneremo in una regolazione accurata, non ci sarà mai possibile mettere a fuoco tutto ciò che si trova di fronte all'obiettivo. Ogni obiettivo ha infatti una determinata profondità di campo che gli consente di mettere a fuoco un certo numero di metri e non più di quelli. In pratica, per quanto mettiate a fuoco, avrete sempre dinnanzi a voi alcuni metri prima e dopo il vostro target che saranno sfocati.
La profondità di campo è un parametro ottico proprio della lente sui cui non potete fare nulla. E' però bene sapere a titolo di indicazione che la profondità di campo è legata direttamente a 2 fattori:

  • Più è grande l'angolo di vista, più è lunga al profondità di campo. In altre parole un grandangolo offre sempre più profondità di campo che uno zoom.
  • Più grande è l'apertura del diaframma, più corta sarà la profondità di campo. In altre parole un obiettivo con F-Stop basso (diaframma aperto) ci darà una profondità di campo sempre inferiore di un obiettivo con F-Stop alto.

Qui sopra vediamo un bell'esempio di diverse profondità di campo offerte da obiettivi di focale differente. Notate che il grandangolo a sinistra offre una profondità di campo molto più lunga degli obiettivi con angolo di vista più focalizzato.


Come si mette a fuoco l'obiettivo

Tutti gli obiettivi per telecamere a circuito chiuso DSE, siano essi attacco CS, miniobiettivi o pin-hole devono essere messi a fuoco durante il montaggio.
L'operazione si esegue molto semplicemente ruotando a destra o a sinistra la lente in modo da avvicinarla o allontanarla dal CCD. In alcuni casi è prevista una vite di bloccaggio da serrare una volta terminata l'operazione.
All'atto pratico è bene provvedere ad una regolazione grossolana del fuoco a terra, tenendo la telecamera in mano ed osservando un monitor. Successivamente si provvederà a piazzare la telecamera e ad affinare la messa a fuoco sulla reale inquadratura. In questa, a volte scomoda, operazione ci può tornare utilissimo un monitor portatile che possiamo tranquillamente portare con noi in cima alla scala per collegarlo all'uscita video della telecamera.
In assenza di monitor portatili non ci resterà che ripiegare su un collaboratore posto a davanti al monitor e munito di telefono cellulare.
Nel regolare un obiettivo a focale variabile è bene regolare inizialmente l'angolo di vista (focale) e successivamente la messa a fuoco. Le telecamere in contenitore stagno ermetico dispongono di viti esterne per poter ruotare la lente senza aprire la telecamera.


L'auto-focus

Ci si potrebbe chiedere perchè le telecamere a circuito chiuso non dispongano di dispositivi autofocus. La risposta è che esse sono ferme e riprendono un'area che è sempre alla stessa distanza e che deve essere sempre a fuoco.
Un dispositivo di autofocus, sia attivo che passivo, come quello utilizzato nelle telecamere portatili, esporrebbe la telecamera al rischio di seguire con il fuoco target non corretti, ad esempio un auto di passaggio oppure un oggetto posto temporaneamente nel suo campo di visivo, perdendo di vista la vera area di interesse.
Fanno eccezione a quanto sopra le telecamere PTZ che hanno bisogno di variare il fuoco in rapporto all'area inquadrata ed in genere utilizzano sistemi di messa a fuoco automatici.